Intervista nella Torino Multietnica

Circa due mesi fa ho ricevuto la telefonata di un lettore di Conexión che mi proponeva di intervistare un ragazzo marocchino... Ho pensato di non fare proprio una intervista con domanda e risposta ma di mettere l’esperienza Abouab Dellan Anoiar sotto forma di un racconto.

Sono Abouab Dellan Anoiar, ho 29 anni e vengo dal Marocco; sono nato a Romani una piccola città di 20 mila persone e ho studiato per due anni al liceo di agraria.

Ho deciso di partire perché non mi piaceva più studiare in Marocco e avevo il timore di non poter trovare lavoro con gli studi che stavo facendo. Così sono venuto in Italia nel 2001 con la speranza di trovare un lavoro come operaio. Prima di lavorare volevo fare un corso di economia e commercio a Rivoli, ma questo non mi è stato possibile senza il permesso di soggiorno. L’unica possibilità che avevo era di trovare lavoro in una macelleria a Porta Palazzo, dove nessuno mi avrebbe chiesto il permesso di soggiorno.
La mia prima esperienza è stata con un datore di lavoro italiano, ma è durata poco perché lui cercava una persona già capace. Allora mi sono rivolto ad un marocchino, dicendogli che non ero capace, ma disposto ad imparare se lui voleva insegnarmi. Lui ha accettato. I soldi che mi dava erano pochi, ma io ero contento lo stesso perché potevo imparare un lavoro. Quando è arrivato il decreto flussi io sono tornato in Marocco per fare tutti i documenti e quindi tornare in Italia con i documenti in regola. Ho deciso così di aprire una macelleria a Biella, che poi ho dovuto chiudere quando è morto mio padre per tornare in Marocco. Io sono venuto da solo in Italia e qui non ho parenti, per questo ho dovuto chiudere la mia attività.
Nel corso degli anni le cose sono un po’ migliorate; adesso ogni tanto mia madre viene a trovarmi e ho un amico italiano e due amici marocchini che sono come fratelli per me. Conosco altre persone, ma le frequento poco. Ho anche altri amici marocchini con cui ho vissuto per un periodo con quali però non ho un’amicizia molto stretta. Dopo Biella, ho fatto solo piccoli lavori in nero perché non avevo il permesso di soggiorno. Per me essere senza questo permesso è stata una grande violenza psicologica da sopportare. Ad esempio se tu lavori per cinque anni e dopo non lavori più, devi fare una domanda di disoccupazione che ti permette di avere una permesso di soggiorno di un anno. Questo permesso ti crea difficoltà nel trovare lavoro perché scade dopo sei mesi e si rinnova per altri sei. In queste condizioni è difficile trovare qualcuno che ti fa lavorare e che ti metta in regola.
Nel 2006 ho accettato un lavoro da un italiano che trattava le persone come animali facendole lavorare quindici ore al giorno. Tanti rumeni lavoravano per lui e ho visto tante persone piangere per come venivano trattate. In quel periodo sono dimagrito molto. Una volta mi è capitato di lavorare, sempre per questo italiano, dalle 7 del mattino fino alle 9 del mattino dopo fermandomi solo una volta, una mezz’ora, per mangiare. Alla fine del lavoro ero così stanco che faticavo a camminare. Ho fatto questo per avere il permesso di soggiorno; una volta che ho avuto il permesso non sono più tornato a lavorare per lui. Il mio progetto era di imparare bene a fare il macellaio, così, appena avuto il rinnovo del permesso, sono tornato a fare questo lavoro.
Oggi ho in gestione una macelleria da 15 giorni e spero di andare avanti bene nonostante la crisi economica che adesso stiamo vivendo. Ho altri progetti per il futuro, ma credo che sarà difficile poterli realizzare per cui continuerò con questo lavoro. Mi piacerebbe, quando sarò più sicuro con il lavoro studiare, al serale, economia e commercio. Studierò se sarà necessario anche in una scuola privata, pagando anche 100 o 200 euro la mese. Voglio diplomarmi e poi andare all’università. Tutto questo se Dio lo vorrà. Dico così perché la povertà mi impedirà di fare quello che desidero; la povertà ti toglie la dignità e ti porta a fare cose che non faresti se non fossi povero. Quando sei povero puoi anche decidere di rubare. Io non ho mai rubato per paura del carcere e per la mia famiglia perché la voglio sentire tutti i giorni. Pur di non rubare io ho accettato di farmi sfruttare, di lavorare per pochi soldi, ma ho scelto di restare libero per poter realizzare un giorno il mio progetto. Finché ci sarà questo governo sarà impossibile impedire che i datori di lavoro sfruttino i lavoratori anche italiani e poi ci vorrebbe più solidarietà tra le persone anche attraverso le associazioni.

Durante la chiacchierata è entrato un amico di Abouab nella macelleria e qui di seguito riporto un po’ della sua storia che mi è stata raccontata da Abouab stesso.

Il mio amico ha pagato per 10 anni i contributi in Italia e adesso che ha perso il lavoro si è ammalato. Il suo medico gli ha fatto fare le analisi e quattro giorni fa ha scoperto di avere il diabete. Adesso rischia di non vedersi rinnovare il permesso di soggiorno e dovrà tornare in Marocco. Lui ha lavorato qui per 10 anni in fonderia, un lavoro pesante e pagato poco perché ha sempre lavorato per una cooperativa. Quando qualcuno di noi è in difficoltà si sente solo perché nessuno pensa a lui e lo aiuta. è difficile anche un aiuto dai suoi amici che hanno le stesse difficoltà.
Il problema secondo me è che tutti i lavoratori sono sfruttati e vengono messi l’uno contro l’altro in una lotta per il lavoro tra bianchi e neri, tra italiani e immigrati; questo governo ci fa credere che gli stranieri portano via il lavoro agli italiani perché così non diciamo niente ai padroni e loro vivono tranquilli. In Italia i lavoratori stranieri vengono per essere sfruttati e hanno la promessa di un lavoro in regola che non trovano. In Francia invece se entrano 100 persone quelle persone hanno un lavoro regolare e gli pagano i contributi.

Alla fine della nostra chiacchierata gli ho chiesto un consiglio per gli italiani.

Secondo me gli italiani non devono guardare le televisioni di Berlusconi perché si fanno condizionare da un’informazione falsa, si fanno distrarre dagli spettacoli e non vedono i loro diritti. Quello che succedeva da noi sotto la dittatura, prima di questo re, sta succedendo da voi adesso. Da noi il dittatore diceva che il grano era buono perché aveva piovuto e la stagione era andata bene, avrebbe detto la stessa cosa anche se la stagione fosse stata brutta e non avesse piovuto. In Italia oggi il governo Berlusconi dice la stessa cosa: va sempre tutto bene anche quando le cose vanno male e le persone ci credono perché si fanno condizionare dalle televisioni come Canale 5, che ti distraggono dai veri problemi mostrandoti un mondo finto dietro un vetro e tu per questo devi essere felice.

Roberto Toso